Il 23 ottobre il consorzio di servizi sociali Comuni Insieme di Bollate (Milano) ha organizzato un convegno “Dialoghi di futuro” per festeggiare i suoi 10 anni nella cornice della Fabbrica Borroni. Il post intende riportare i contenuti emersi nella giornata. La foto ritrae il lavoro della story teller Alessandra Nigro che ha illustrato i temi emersi dal dibattito della mattina.
Servizi sociali capaci di intercettare nuovi bisogni di nuove utenze che marciano dritte verso la povertà. Capaci di dialogare con chi si occupa di politiche del lavoro e magari anche di politiche dello sviluppo. Ma per fare questo è necessario modificare l’impianto tradizionale prevedendo nuovi servizi attività basati su un “patto” rivolto alle persone che li utilizzeranno. Prevede inoltre una partecipazione attiva dell’utenza, molto lontana dall’ottica assistenziale cui siamo abituati. Ed è necessario modificare il rapporto con i partner tradizionali: volontariato, cooperazione sociale e anche il mondo profit, le aziende cui proporre nuove forme di collaborazione.
Insomma una visione assolutamente nuova delle politiche e dei servizi sociali. Questo emerge dal convegno “Dialoghi di futuro” organizzato Comuni Insieme. Una raffica di interventi: Achille Orsenigo dello Studio APS di Milano, Gino Mazzoli dello studio Praxis di Reggio Emilia e Francesco Longo del Cergas – Bocconi di Milano hanno sparato a raffica contro un passato che stenta a lasciare spazio ai cambiamenti necessari se non addirittura inevitabili. Perché il concetto di crisi è troppo spesso legato al concetto di fine, di perdita.
Sul che fare le proposte sono state tantissime: intanto partire dal potere che ogni persona, funzione, struttura organizzativa ha a disposizione senza delegare ad un livello superiore, ad un’entità altra. Il cambiamento può essere avviato da subito. Da organizzazioni che sanno sostenere la dinamicità, l’assunzione di responsabilità dei propri operatori e sono capaci di ridefinire i propri confini evitando la chiusura a riccio tutta difensiva nei confronti del nuovo. Da questo punto di vista la sola logica della resilienza può non essere utile se non è accompagnata da altri approcci: al nuovo, alla condivisione.
Il cambiamento è profondamente legato alla capacità delle persone di attivarsi e l’atteggiamento positivo, di disponibilità si avvantaggia di un elemento fondamentale: il principio del piacere. Parola che suona strana in mezzo a vocaboli cui la quotidianità ci ha abituato: spread, pareggio di bilancio, deficit, PIL. Eppure, dice Orsenigo, il cambiamento non è necessariamente una condanna anzi al contrario può liberare energie. Da intercettare e utilizzare
Mazzoli sottolinea l’importanza di pensare ai cittadini come possibili partner, capaci quindi di generare risorse. La grande scommessa è legata alla capacità delle organizzazioni che operano nel sociale di mobilitare emozioni e quindi energie per ricostruire il “plancton sociale”.
Longo implacabilmente ha elencato casi di servizi che nella difficoltà a fare i conti con il cambiamento (di utenze, di approccio) finiscono per lavorare soprattutto alla propria sussistenza. Quello diventa il vero indicibile obiettivo.
L’assessore ai servizi sociali del Comune di Senago, De Ponti ipotizza la necessità di un nuovo New Deal nelle politiche sociali che passi attraverso un’alleanza tra i tecnici che operano nei servizi e i politici che gestiscono la governance e devono fare i conti con la drastica riduzione dei fondi per il welfare.
Le riflessioni sono state poi accompagnate da workshop in cui è stato presentato lo stato dell’arte dei vari servizi che il consorzio Comuni Insieme gestisce. Una giornata di riflessione sui nuovi scenari del welfare che stanno emergendo ed è il caso di cogliere. Perché la crisi lo impone. Le proposte cominciano ad emergere: si tratta di nuovi quadri concettuali, ma anche di nuove linee di finanziamento (il bando “Welfare in azione” della Fondazione Cariplo) e di nuovi servizi. A dimostrare che il cambiamento non è necessariamente una condanna e può essere anche un piacere.
Sergio Bevilacqua
Accorpamento delle province e riforma Fornero: un promemoria
Posted in Commenti, Uncategorized, tagged accorpamento province, Cambiamento, centri per l’impiego, cooperazione sociale, politiche del lavoro, Riforma Fornero on 19 luglio 2012| 2 Comments »
Stiamo parlando di un cambiamento epocale per la radicalità delle questioni connesse. E dobbiamo fare attenzione a scorciatoie, automatismi, modalità adempitive sospinte da un approccio giuridico che sembra imporsi in tutte le decisioni anche quelle in cui sarebbe necessario un pensiero organizzativo.
Riforma delle province e riforma Fornero non possono essere viste unicamente dal punto di vista delle norme. Bisogna spaziare oltre con un approccio interdisciplinare, immaginando adesso e non quando sarà troppo tardi, le implicazioni che le due riforme comportano.
Per agevolare un’osservazione che eviti quanto già visto con il passaggio delle deleghe dal Ministero del Lavoro alle province delineo alcuni temi che si profilano all’orizzonte.
Efficienza – se ne parla tanto, l’abbinata esatta sarebbe efficienza ed efficacia per riprendere un tema presente da qualche anno nel mondo aziendale. La questione di fondo: è possibile aumentare numeri degli utenti presi in carico, inserimenti lavorativi, reti avviate nei territori, passare da sperimentazione di modelli a nuovi modi di operare? Si, è assolutamente possibile. Ma non basta auspicarlo o pensare di riuscirci tagliando il numero degli operatori. Forse è più utile creare le condizioni favorevoli a questa condizione. Come? Sensibilizzando gli operatori e rendendoli protagonisti di questo cambiamento epocale. Il coinvolgimento è fondamentale, soluzioni notarili già viste 13 anni fa servono a poco e creano un clima di indifferenza, demotivazione se non di larvata opposizione. Con buona pace dell’efficienza . . . . e anche dell’efficacia.
Integrazione – le attuali 107 province diminuiranno, drasticamente. Quindi si ridurrà il numero complessivo di dirigenti e strutture di governo. Ma nel frattempo aumenteranno altre variabili: territorio da governare, numero dei dipendenti, degli utenti, degli attori. Come si risolve la situazione? Vince il più forte, il migliore? Ci sono molte possibilità come già visto nelle riorganizzazioni dei grandi gruppi privati che prevalgano culture e modelli della provincia più forte o magari di quella meglio messa con i conti. Dopodiché dobbiamo aspettarci che i “vinti” siano una palla al piede. E a questo punto come si gestiscono territori che raddoppiano, utenti che aumentano a dismisura, nuovi protocolli che vanno individuati? E’ il caso di porsi in anticipo il problema dell’integrazione delle culture. Ed è il caso che la politica pensi a com’è andato il trasferimento del personale dalle antiche Scica ministeriali alle strutture provinciali, alla difficile integrazione tra culture e modi di operare. Non lasciamo perdere le esperienze del passato, sarebbe un peccato farsi nuovamente carico di costi che sappiamo già ora quali saranno.
Partenariati – il welfare si riduce, ci sono meno soldi a disposizione. Peccato che i problemi aumentino e l’utenza dei centri per l’impiego anche. Forse è venuto il momento, a lungo rinviato, di dirsi chi fa cosa nel territorio. Ma per fare un bilancio realistico è necessario fare anche un altro passaggio. Il partenariato, la rete sono possibili quando si evita che ci sia un ente prevalga, che dia la linea agli altri, che presupponga di sapere già come si deve fare. A volte il pubblico confonde il peso della responsabilità della norma con il diritto di prelazione e la conoscenza del giusto modello di integrazione. La crisi del welfare cambia le carte in tavola e obbliga tutti i soggetti a rivedere antiche abitudini. Se non so dove collocare utenti a bassa occupabilità la cooperazione sociale diventa un interlocutore d’obbligo. Si può pensare che il nuovo partenariato passi attraverso uno scambio per cui io provincia ti chiedo di includere nelle tue cooperative persone da rendere più solide in termini di occupabilità e in cambio ti creo nuovi ambiti di lavoro? Magari convincendo il mio settore acquisti ad esternalizzare alla cooperazione parte delle attività come prevede la 381. Oppure convincendo le parti sociali ad utilizzare l’articolo 14 della legge Biagi o il 12 bis della 68? (vedi il workshop organizzato dalla Provincia di Vercelli).
Il cambiamento destabilizza e a volte spaventa, è inevitabile. La crisi sicuramente non aiuta. Ma entrambi, crisi e nuove riforme all’orizzonte, possono costituire elementi dinamici che aiutano chi opera nelle politiche del lavoro a interpretare in modo nuovo il proprio ruolo. E’ la sfida dei prossimi mesi che richiede inventiva e nuove idee. Buon lavoro a tutti!
Sergio
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