Un anno fa la Costa Concordia si arenava contro uno scoglio dell’Isola del Giglio, metafora tutta italiana della mancanza di senso di responsabilità (ne avevamo parlato nel nostro post del 19 gennaio). Tema che tormenta in modo ricorrente il nostro paese anche in tanti altri ambiti. Per esempio nella gestione della crisi. C’è infatti da chiedersi quanto si sarebbe potuto fare nella direzione del cambiamento e dell’innovazione rispetto ai provvedimenti che sono stati assunti. Sviluppare il senso di responsabilità di chi dirige i processi è sicuramente una marcia in più che aiuta il paese e le organizzazioni, siano esse pubbliche, private o del terzo settore, tantopiù in momenti come quello che la nostra economia e la nostra società stanno attraversando.
Cambiamento o sarebbe meglio dire cambiamento mancato? L’idea che si dovesse ridefinire la mappa dell’amministrazione dei territori ridefinendo le province (vedi i post del 19 luglio e del 9 agosto) avrebbe potuto costituire uno stimolo a ripensare la gestione dei processi amministrativi e le forme di rappresentanza. Per fortuna questa occasione sembra essere solo rinviata e come ci dice Dario De Vico sul Corriere della Sera ci sono organizzazioni che si stanno finalmente ponendo il problema senza aspettare di essere costretti ad assumere una decisione. Ma questo atteggiamento non sembra ancora prevalente nel nostro paese.
La spending review obbliga tutti gli attori pubblici a ridefinire le modalità di gestione della cosa pubblica. In particolare chi opera nelle politiche attive del lavoro è costretto a ridefinire come e cosa fare a fronte di una drastica riduzione delle risorse. E’ venuto il momento di ridefinire il ruolo dei centri per l’impiego, dei servizi offerti, dell’integrazione sia con i privati che con chi opera nelle politiche sociali (regolarmente dimenticati da chi invita il pubblico ad aprirsi al confronto con altri soggetti). Gli interventi rivolti a persone disabili e in situazioni di disagio potrebbero fornire dei buoni esempi per capire come gestire la riduzione delle risorse individuando sinergie e forme di integrazioni che aumentino l’efficienza dei servizi per l’impiego (vedi i post del 23 marzo e del 29 maggio). Ancora una volta ci vuole il coraggio di innovare e prima ancora il coraggio di valutare per capire cos’ha funzionato e cosa no. Cosa è necessario consolidare e cosa invece si deve cambiare.
Insomma la crisi di cui siamo portati a vedere soprattutto gli aspetti più duri, difficili e faticosi, ha anche un’altra faccia. Ci costringe, volenti o nolenti, a confrontarci con il cambiamento e obbliga il nostro paese, tutto, a fare i conti con questa complicata dimensione. Questa è la grande sfida del nuovo anno.
L’augurio è di riuscire a fare i conti, armonicamente, con il cambiamento. Buon 2013!
Sergio