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Posts Tagged ‘Occupabilità’

DRGMontezumaLa rivista Una città ha pubblicato un’intervista a due persone che si occupano di politiche attive del lavoro da punti di vista diversi, Claudio Negro segretario aggiunto della UIL Lombardia e il sottoscritto, consulente nelle politiche attive del lavoro, per capire dove siamo con le politiche attive.

L’intervista casca al momento giusto perché si sta ragionando sul futuro delle politiche del lavoro e dei servizi per l’impiego pubblici. Chi se ne farà carico, con quali modalità, l’agenzia che potrebbe gestire queste attività a chi risponderà: al ministero o ci saranno agenzie regionali? Questi sono gli interrogativi che in questi mesi rimbalzano fra gli addetti ai lavori. Tanto più che a fine anno le province che si sono occupate di politiche del lavoro da quasi 15 anni perderanno questa funzione.

Il periodo di crisi peraltro rende sempre più attuale il tema: la difficoltà del mercato ha pesanti ricadute sulla situazione lavorativa e migliaia di persone ex dipendenti, autonomi e piccoli imprenditori sono costrette a ripensare il proprio rapporto con la dimensione lavoro e a ridefinire un nuovo progetto professionale. In questo momento lo fanno da sole e senza supporto.

Proprio di questo si parla nell’intervista partendo da alcuni dati, illustrati nel convegno della UIL Lombardia del 16 giugno, che Claudio Negro analizza. Emerge che le persone che si sono ricollocate negli ultimi 3 anni utilizzando i servizi finanziati dalla Regione (la cosiddetta dote lavoro) per due terzi lo hanno fatto autonomamente dopo aver seguito percorsi finalizzati all’occupabilità.

Non è un passaggio da poco perché segnala l’importanza strategica dei servizi finalizzati ad aumentare l’occupabilità della persona: quindi le nuove competenze che integrino capacità ormai obsolete. Ma anche e soprattutto la consapevolezza delle competenze possedute, elemento in genere poco considerato ma la cui mancanza ha effetti devastanti sulle persone.

Infatti se la disoccupazione o la mancanza di lavoro genera un elevata crisi di autostima e forti stati depressivi che precludono la capacità da parte del disoccupato di dar vita ad un progetto professionale come dice molto chiaramente una manager in una recente intervista, allora l’antidoto va ricercato con grande attenzione. Il lavoro sull’occupabilità diviene chiave di successo di un nuovo rapporto con lo stato di crisi e con la situazione legata alla mancanza del lavoro. E succede che le persone ce la facciano da sole, senza necessariamente l’aiuto di chi si occupa di favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro: siano i centri per l’impiego o le agenzie per il lavoro private.

Ma questa affermazione ha ovviamente delle implicazioni non indifferenti: su quante persone si può fare realisticamente un serio lavoro di sviluppo dell’occupabilità? Che costi ha?

Interrogativi veri che è il caso di porsi valutando l’efficacia delle politiche del lavoro e dei servizi per l’impiego. E’ venuto il momento di chiedersi quanto costano e che risultati forniscono i servizi di incontro tra domanda e offerta di lavoro, gestiti dagli operatori e gestiti tramite banche dati on line. Quali utenti usufruiscono di questi servizi, che risultati avrebbero con una ricerca autonoma dell’occuapazione. Insomma fare il punto sulle politiche del lavoro implica valutarne l’efficacia con estremo disincanto e capire cosa serve oggi e cosa possiamo ridimensionare attuando risparmi e aumentando l’efficienza del sistema.

La situazione economica e quella occupazionale rendono urgente la risposta a questi quesiti. E il clima interno ai servizi per l’impego pubblici anche! Non si può pensare di non dare visibilità alle scelte in atto agli operatori dei centri per l’impiego e dei settori lavoro delle province che non sapranno che ne sarà di loro nei prossimi mesi.

La mancanza di lavoro richiede grande sensibilità e attenzione da parte dello Stato. E il lavoro di chi si occupa dei servizi per l’impiego anche!

Sergio Bevilacqua

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Ci ha pensato un’azienda di successo come la BMW che in un periodo di crisi nera ha aumentato le vendite del 10%. E l’idea è assolutamente innovativa. Questa volta non riguarda un nuovo modello di auto, ma la loro produzione. Anzi, per essere più precisi le persone chiamate a produrle. La BMW  infatti darà vita ad uno stabilimento, vicino a Monaco di Baviera, specificamente progettato per lavoratori “anziani” perchè l’azienda non intende disperdere l’esperienza professionale acquisita da queste persone nel corso della loro storia professionale. Sino ad oggi le notizie che arrivavano dal mercato del lavoro andavano nella direzione opposta:  Over 40? Allora sei obsoleto. Invece BMW propone un cambio di prospettiva, lo fa in modo radicale e con lo sguardo di chi guarda nel breve e anche nel medio periodo perchè con questa decisione fa fronte alla carenza di manodopera specializzata ma anche ad un altro dato che caratterizza sempre di più le società occidentali: il calo demografico.
Sarà utile capire come si svilupperà questa esperienza, per adesso sappiamo solo che l’impianto dello stabilimento sarà dotato di postazioni di lavoro ergonomiche e avrà ritmi più lenti rispetto a quelli di altre fabbriche del gruppo. Sicuramente BMW ha frantumato un luogo comune: dopo i 40 anni e anche dopo i 50 le persone possono dare ancora il proprio contributo professionale, parola di un’azienda di successo. Tutto questo a 300 chilometri da casa nostra…

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Quando si parla di formazione in azienda, soprattutto di quella tecnica,  è più facile trovare scontenti che persone soddisfatte… Eppure grazie ai Fondi interprofessionali, le risorse per la formazione non mancano…

Uno degli obiettivi dei fondi professionali è sviluppare l’occupabilità del personale in azienda, eppure spesso proprio chi avrebbe più bisogno di aggiornamento e riqualificazione professionale non viene raggiunto da nessuna iniziativa: come favorire il coinvolgimento delle persone che attualmente non sono coinvolte dalla formazione aziendale?

Allo stesso modo, si fa fatica a sviluppare una domanda attenta alle esigenze delle aziende. Succede così che si ricorra con più facilità a pacchetti standard offerti dalle agenzie formative. E l’offerta dei corsi di lingue o di informatica è una delle modalità più diffuse. Non è però detto che sia una delle più utili. Come evitare che la capacità di offerta delle agenzie prevalga sui bisogni delle aziende?

E’ possibile che le rappresentanze dei lavoratori abbiano un ruolo attivo e propositivo per quanto riguarda la formazione aziendale? Ha senso un approccio alla formazione che veda coinvolte nelle imprese anche le rappresentanze dei lavoratori?

A queste domande si è cercato di dare risposta  in un convegno  poco rituale e attento invece alla sostanza dei processi formativi organizzato il 29 settembre da FormaMec  insieme a IAL CISL, Università degli Studi di Milano, ISFOR 2000 e FORAZ sulle modalità di gestione dei fondi professionali (a cominciare da Fondimpresa).

Nel convegno è stata anche presentata l’ “Antenna per il miglioramento della qualità della formazione continua della filiera meccanica”, un’organismo, che ci vede coinvolti come SLO, che si occuperà di “dare valore” alla formazione. Come? Dando vita ad azioni di sistema per aumentare l’efficacia dell’analisi della domanda e della valutazione, nonché supportando un approccio “bilaterale” cioè uno stile di lavoro che coinvolga azienda e rappresentanze sindacali su temi che coinvolgono la globalità del personale dell’azienda e non soltanto figure specialistiche o manageriali.

Sono temi fortemente collegati al nostro post del 24 agosto in cui ci  si chiedeva, in modo un po’  forzato, se la formazione oggi in Italia è una fabbrica di disoccupati. Evidentemente il monitoraggio delle azioni formative e la valutazione degli impatti costituiscono la chiave di volta per il futuro della formazione nel nostro paese. Diamoci da fare…

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