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Posts Tagged ‘Cambiamento’

Le aziende e gli enti pubblici sono sempre alla ricerca di modalità formative nuove ed efficaci che permettano alle persone ed all’organizzazione, di riflettere su se stessi, di confrontarsi su cosa funziona e cosa no, di come attivarsi per migliorare ed anche di cosa essere orgogliosi.

Con questo presupposto è nata una inusuale collaborazione fra Heineken e la Casa di Reclusione di Opera che ha permesso di mettere a confronto due realtà molto distanti, per  ragionare insieme sul modo in cui vengono gestiti  processi produttivi,  ruoli e responsabilità e dinamiche organizzative.

Come è nato questo incontro? E’ iniziato con la partecipazione del Direttore delle Risorse Umane di Heineken Italia alle prima edizione del corso “L’aula più stretta del mondo” che si tiene presso il Carcere di Opera (MI). La proposta è piaciuta e si è avviato un progetto che ha portato qualche mese fa tutto il gruppo HR di Heineken a visitare e confrontarsi con il Direttore e gli ispettori che gestiscono il carcere di Opera sul tema dell’efficienza operativa.

La scorsa settimana, il direttore del carcere di Opera con i suoi più stretti collaboratori e i dirigenti del Provveditorato ha visitato uno stabilimento produttivo di Heineken  ed attraverso i racconti del Direttore dello Stabilimento si sono confrontati  sull’organizzazione del lavoro, la gestione delle criticità, le soluzioni per pianificare e definire ruoli.

Questa visita era coerente con il progetto che da tre anni la Direzione del carcere sta sviluppando sulla funzione dei gruppi di lavoro, sull’importanza di una logica che privilegi una logica di sistema, tra le figure manageriale (o come si dice in carcere gli apicali) e tra ispettori e sovraintendenti della polizia penitenziaria (che corrispondono all’incirca ai quadri o ai capisquadra delle aziende).

E’ stata una esperienza stimolante che ci ha permesso di verificare come la contaminazione fra ambienti molto diversi è una formidabile fonte di apprendimento e una preziosa alleata per sostenere processi di cambiamento

Maurizio

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Ci siamo, cominciano a delinearsi le linee guida del prossimo futuro per chi opera nelle province, nei servizi per l’impiego. E anche per chi ci lavora insieme, magari sul versante delle cooperative sociali  o dei servizi sociali. Insomma un numero significativo di persone devono rivedere il proprio modo di lavorare, di interagire con i colleghi, con chi fa le politiche e con chi gestisce la relazione con gli utenti.

Stiamo parlando di un cambiamento epocale per la radicalità delle questioni connesse. E dobbiamo fare attenzione a scorciatoie, automatismi, modalità adempitive sospinte da un approccio giuridico che sembra imporsi in tutte le decisioni anche quelle in cui sarebbe necessario un pensiero organizzativo.

Riforma delle province e riforma Fornero non possono essere viste unicamente dal punto di vista delle norme. Bisogna spaziare oltre con un approccio interdisciplinare, immaginando adesso e non quando sarà troppo tardi, le implicazioni che le due riforme comportano.

Per agevolare un’osservazione che eviti quanto già visto con il passaggio delle deleghe dal Ministero del Lavoro alle province delineo alcuni temi che si profilano all’orizzonte.

Efficienza – se ne parla tanto, l’abbinata esatta sarebbe efficienza ed efficacia per riprendere un tema presente da qualche anno nel mondo aziendale. La questione di fondo: è possibile aumentare numeri degli utenti presi in carico, inserimenti lavorativi, reti avviate nei territori, passare da sperimentazione di modelli a nuovi modi di operare? Si, è assolutamente possibile. Ma non basta auspicarlo o pensare di riuscirci tagliando il numero degli operatori. Forse è più utile creare le condizioni favorevoli a questa condizione. Come? Sensibilizzando gli operatori e rendendoli protagonisti di questo cambiamento epocale. Il coinvolgimento è fondamentale, soluzioni notarili già viste 13 anni fa servono a poco e creano un clima di indifferenza, demotivazione se non di larvata opposizione. Con buona pace dell’efficienza . . . . e anche dell’efficacia.

Integrazione – le attuali 107 province diminuiranno, drasticamente. Quindi si ridurrà il numero complessivo di dirigenti e strutture di governo. Ma nel frattempo aumenteranno altre variabili: territorio da governare, numero dei dipendenti, degli utenti, degli attori. Come si risolve la situazione? Vince il più forte, il migliore? Ci sono molte possibilità come già visto nelle riorganizzazioni dei grandi gruppi privati che prevalgano culture e modelli della provincia  più forte o magari di quella meglio messa con i conti. Dopodiché dobbiamo aspettarci che i “vinti” siano una palla al piede. E a questo punto come si gestiscono territori che raddoppiano, utenti che aumentano a dismisura, nuovi protocolli che vanno individuati? E’ il caso di porsi in anticipo il problema dell’integrazione delle culture. Ed è il caso che la politica pensi a com’è andato il trasferimento del personale dalle antiche Scica ministeriali alle strutture provinciali, alla difficile integrazione tra culture e modi di operare. Non lasciamo perdere le esperienze del passato, sarebbe un peccato farsi nuovamente carico di costi che sappiamo già ora quali saranno.

Partenariati – il welfare si riduce, ci sono meno soldi a disposizione. Peccato che i problemi aumentino e l’utenza dei centri per l’impiego anche. Forse è venuto il momento, a lungo rinviato, di dirsi chi fa cosa nel territorio. Ma per fare un bilancio realistico è necessario fare anche un altro passaggio. Il partenariato, la rete sono possibili quando si evita che ci sia un ente prevalga, che dia la linea agli altri, che presupponga di sapere già come si deve fare. A volte il pubblico confonde il peso della responsabilità della norma con il diritto di prelazione e la conoscenza del giusto modello di integrazione. La crisi del welfare cambia le carte in tavola e obbliga tutti i soggetti a rivedere antiche abitudini. Se non so dove collocare utenti a bassa occupabilità la cooperazione sociale diventa un interlocutore d’obbligo. Si può pensare che il nuovo partenariato passi attraverso uno scambio per cui io provincia ti chiedo di includere nelle tue cooperative persone da rendere più solide in termini di occupabilità e in cambio ti creo nuovi ambiti di lavoro? Magari convincendo il mio settore acquisti ad esternalizzare alla cooperazione parte delle attività come prevede la 381. Oppure convincendo le parti sociali ad utilizzare l’articolo 14 della legge Biagi o il 12 bis della 68? (vedi il workshop organizzato dalla Provincia di Vercelli).

Il cambiamento destabilizza e a volte spaventa, è inevitabile. La crisi sicuramente non aiuta. Ma entrambi, crisi e nuove riforme all’orizzonte, possono costituire elementi dinamici che aiutano chi opera nelle politiche del lavoro a interpretare in modo nuovo il proprio ruolo. E’ la sfida dei prossimi mesi che richiede inventiva e nuove idee. Buon lavoro a tutti!

Sergio

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L’aula più (ri)stretta del mondo  è quella che ci siamo inventati con l’Amministrazione della Casa di Reclusione di Opera e la cooperativa Galdus: un luogo in cui e da cui apprendere certamente non convenzionale, ma ricco di spunti, riflessioni, sollecitazioni assolutamente ‘generative’.

Il carcere è una realtà organizzativa che racchiude in sè molte realtà, un luogo talmente vero da risultare crudo, intessuto di sofferenza ma anche di speranza, di fatica e di responsabilità, di disvalore ma anche di forti valori. La proposta è di trascorrere una giornata in questo luogo, ed attraverso il racconto del Direttore e degli Ispettori di Polizia Penitenziaria, scoprire diversi modi di affrontare situazioni organizzative note e riflettere sulla propria esperienza.

Confrontarsi con il carcere, riflettendo su similitudini e diversità, aiuta le persone ad individuare ipotesi di intervento utilmente trasferibili nel proprio contesto lavorativo, o ad individuarne di nuove e mai esplorate…

Se volete leggere le voci di alcuni partecipanti all’esperienza e del Direttore del Casa di reclusione, il posto giusto è questo.

La prossima edizione si terrà il 17 e 18 ottobre 2011. Se siete interessati a partecipare o a saperne di più, il posto giusto è qui

Aggiornamento del 28/9/2011: articolo su Job24 del Sole 24 Ore

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Abbiamo letto il libro di Edoardo Nesi vincitore del Premio Strega, ‘Storie della mia gente‘ e ci è piaciuto parecchio.

“Immaginate un prodotto che per trent’anni non ha bisogno di essere cambiato. Immaginate un’azienda che fabbrica solo quel prodotto e, se soffre di un problema, è quello di non riuscire a produrne abbastanza per soddisfare un mercato così ampio e vitale da rendere trascurabile l’impatto della concorrenza. Immaginate di poter rimettere gli orologi sulla puntualità con cui le fatture venivano pagate a dieci giorni, nessuna contestazione, nessuna trattenuta per reclami ingiustificati, nessun fallimento, con assegni che ogni mattina arrivavano per posta dentro letterine quadrate color pastello.”
Immaginatelo con uno spasmo di malinconia e seguite Edoardo Nesi nel suo viaggio dentro la sofferenza “da globalizzazione”, quello tzunami che si abbatte rovinosamente sul mondo ottimista della piccola imprenditoria, ma che coinvolge nel ciclone anche gli straniati cinesi approdati silentemente a Prato, come in tutta Italia, e non esclude l’evocazione onirica ma molto realistica di un conflitto di etnie.
Un libro che è un regalo alla “sua gente” e a chi ha creduto nel lavoro, gente che non sa bene “dove stiamo andando, ma di certo non siamo fermi”..
Chissà che davvero, come Nesi fa dire ad un suo personaggio, “alla fine, in qualche modo, l’economia soccomberà a un atto dell’immaginazione”.

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