Sull’ultimo numero di Prospettive Sociali e Sanitarie (n° 5 maggio 2012) è ospitato un articolo che presenta un’azione di sistema per conto della Regione Lombardia tesa a valutare gli esiti degli inserimenti lavorativi di persone disabili tramite il voucher “dote inserimento disabili”. Si identificano i criteri per definire una modalità di valutazione che valorizzi le peculiarità dei servizi finalizzati ad inserire nel mercato del lavoro persone i cui bisogni sono particolarmente complessi. Attività molto delicata perché la qualità dell’incontro tra domanda e offerta di persone disabili è fortemente influenzata dalla capacità dell’ente che prende in carico la persona di leggerne i bisogni o di attrezzarsi con un adeguato lavoro di rete per riuscire a farlo.
Ma il lavoro di rete non è una voce rendicontabile nel sistema dote inserimento disabili e questa mancanza obbliga gli enti lombardi a trovare modalità che sopperiscano a questa lacuna. Problema che riguarda in realtà anche gli enti pubblici che gestiscono azioni di governance dell’inserimento lavorativo come nel caso delle province.
Quindi il tema è capire dove reperire le risorse per garantire il lavoro di rete, a fronte di uno scenario che registra come tema dominante la riduzione delle risorse per il welfare.
E’ interessante notare che in una situazione che sembra essere dominata dal pessimismo si aprono invece spiragli fino a poco tempo fa inimmaginabili: per esempio la possibilità di definire sinergie fra enti che si occupano di servizi per l’inserimento del lavoro come i centri per l’impiego (Cpi) e i nuclei di inserimento lavorativo (NIL). I primi appartenenti alle province e i secondi ai comuni o a consorzi si comuni.
Questa collaborazione sarà non solo auspicabile ma diventerà progressivamente obbligatoria tanto più assisteremo ad una riduzione dei finanziamenti per i servizi all’impiego. D’altra parte l’integrazione fra i due enti è possibile perché in molti territori vi è una comunanza nel bacino di riferimento degli utenti in carico.
Inoltre si assiste spesso ad un fenomeno sempre meno sostenibile: la doppia presa in carico di utenti che nel gergo vengono definiti socialmente fragili (donne sole con figli a carico, uomini separati senza lavoro, ecc.) cioè persone senza lavoro, rese fragili dal perdurare della crisi, in difficoltà nel reperimento di una nuova occupazione e quindi a rischio di povertà. Queste persone attualmente sono prese in carico sia dai Cpi che dai NIL i cui operatori raddoppiano gli sforzi per favorirne l’inserimento nel mercato del lavoro.
E’ quindi opportuno chiedersi quali priorità debbano avere nei disegni di programmazione delle province, progetti di integrazione tra politiche del lavoro e politiche sociali per quanto concerne le persone disabili e fragili. Ma lo stesso discorso potrebbe estendersi per altre figure come le persone interessate ad attività di cura della persona (badanti). Diventa necessario porsi il tema di come avviare un efficace lavoro di rete che consenta quantomeno uno scambio di informazioni sull’utente e, sarebbe opportuno, lo sviluppo di protocolli per favorire un’integrazione dei servizi offerti dai Cpi con quelli offerti dai NIL.
Questa potrebbe essere una prima concreta risposta alla crisi e alla riduzione delle risorse per il welfare, migliorando l’efficacia dei servizi verso le persone che cercano lavoro. Non in un futuro remoto ma ora.
Sergio
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